Scuola e didattica a distanza: una riflessione

Il Decreto Scuola dell’8 Aprile mira ad assicurare attraverso la didattica a distanza lo svolgimento e la conclusione di questo anno scolastico funestato dal coronavirus e l’avvio ordinato del prossimo. Nella bozza si richiama il lavoro agile come cornice di riferimento normativo per inquadrare le attività a distanza dei docenti. Pur nell’eccezionalità di un momento che richiede soluzioni d’emergenza, una riflessione si impone: se il lavoro a distanza degli insegnanti con i loro studenti dovesse essere definitivamente incastonato nella cornice giuridica del lavoro agile allora avremmo compiuto l’ultimo passo verso l’aziendalizzazione non solo della scuola ma della stessa relazione educativa. Una didattica a distanza ordinaria e normata come smart working, di cui, in questi giorni difficilissimi e straordinari, i “piazzisti dell’istruzione” vaticinano le sorti progressive costruendosi proficue rendite di posizione, se concepita come più produttiva e competitiva, dunque preferibile a quella in presenza, e resa interscambiabile e fungibile versus quella in presenza, diventerebbe esclusivamente funzionale al suo prodotto (l’esito degli apprendimenti?), magari misurato da un Invalsi sempre più computer based, finalmente senza le fastidiose scorie emotive e affettive del nostro imperfetto e soggettivo sentire, lavorare, imparare, vivere. Ma sarebbe una torsione pedagogica epocale, con effetti professionali e antropologici devastanti. Perché chiuderebbe davvero e in modo definitivo il circolo vizioso – ‘competenze’ – ‘apprendimento’ – ‘tecnologia digitale’ – nella dimensione univoca e alienante del ‘capitale umano’. (Link)