Lo stipendio dei prof non aggancia l'Europa

Anche dopo gli aumenti, i salari dei docenti italiani non sono allineati a quelli dei colleghi degli altri Paesi. Ma se si guarda al potere d'acquisto, basta poco per avvicinarsi ai migliori livelli del Continente. 

A metà marzo il ministero dell’Istruzione ha sbloccato altri 300 milioni per l’aumento degli stipendi degli insegnanti della scuola italiana. Negli ultimi sei mesi i docenti (e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, Ata) hanno così visto crescere la busta paga di 124 euro (valore medio), una cifra che non è però sufficiente a colmare il gap delle retribuzioni rispetto agli altri grandi Paesi europei. 

Secondo la pubblicazione “Teachers’ and School heads’ salaries and allowances, 2020/2021” di Eurydice, la la rete europea di informazione sull'istruzione che fa capo all’Unione Europea, nel Belpaese lo stipendio lordo parte da un minimo di 24.297 euro per arrivare a un massimo di 40.597 euro a fine carriera (nb: la pubblicazione è precedente rispetto ai recenti aumenti e non ne può dunque tenere conto, ma la sostanza non cambia molto). La differenza di retribuzione è particolarmente ampia se si guarda agli standard tedeschi: si parte da un minimo di 54.129 euro per arrivare fino a 85.589 euro. In Germania dunque lo stipendio di un insegnante è più del doppio di quello italiano. La Francia è più vicina a noi che a Berlino: si va da un minimo di 26.839 euro a un massimo di 50.424 euro. E lo stesso vale per la Spagna, che resta comunque sopra i livelli italiani. Il minimo della retribuzione è pari a 30.992 euro e il massimo a 49.307 euro.

Gli insegnanti più “ricchi” dell’Unione Europea si trovano in Lussemburgo. Chi entra nella scuola parte subito da uno stipendio lordo di 69.076 euro; chi è invece vicino alla pensione può arrivare fino a 136.079 euro. Gli insegnanti lussemburghesi hanno anche un leggero vantaggio fiscale rispetto a quelli italiani: 69.076 euro sono soggetti all’equivalente di una tassazione Irpef del 39% e 136.079 euro a una del 40%. In Italia questi redditi ricadrebbero entrambi nello scaglione più alto, quello del 43% che si applica a partire dai 50mila euro. E anche gli scaglioni più bassi sono meno tassati in Lussemburgo che in Italia.

Gli esperti di Eurydice rilevano come non vi siano solo grandi differenze nei primi stipendi ma anche nelle possibilità di crescita di questi ultimi. Si va da un progresso minimo del 16% in Danimarca e Serbia ad un massimo del 142% di Cipro. Il numero medio di anni necessari per raggiungere il massimo della retribuzione va dai 12 della Danimarca ai 42 dell’Ungheria. In Irlanda, Cipro, Paesi Bassi e Polonia, lo stipendio iniziale degli insegnanti può aumentare di oltre il 60% nei primi 15 anni di servizio. “Anche in altri Paesi, l’aumento percentuale totale è elevato ma è tuttavia necessaria una lunga anzianità di servizio per raggiungere il massimo della scala retributiva - scrivono gli esperti di Eurydice - In Portogallo, ad esempio, lo stipendio finale è più del doppio di quello iniziale (115,9%), ma gli insegnanti arrivano a percepirlo solo dopo 34 anni di servizio. In Francia, per fare ancora un altro esempio, gli stipendi iniziali aumentano del 72% in 35 anni di servizio. Ci sono poi Paesi, e questo è anche il caso dell’Italia, in cui gli insegnanti hanno bisogno di una significativa anzianità di servizio per raggiungere aumenti di stipendio piuttosto modesti. Nel nostro Paese, infatti, gli stipendi iniziali degli insegnanti possono aumentare di poco meno del 50% solo dopo 35 anni di servizio. Più o meno lo stesso accade in Spagna dove gli insegnanti raggiungono l’aumento massimo del 42% dopo ben 39 anni di servizio”.

Partendo dai dati raccolti da Eurydice, l’Osservatorio Cpi (Conti pubblici italiani) dell’Università Cattolica ha calcolato che portare gli stipendi italiani (30.784 euro in media) al livello della media europea (44.408 euro) avrebbe un costo annuo pari a 11,6 miliardi di euro. Questa cifra potrebbe però scendere parecchio se la riforma degli stipendi tenesse conto del potere di acquisto, cioè delle quantità di beni e servizi che si possono acquistare grazie alla retribuzione. Con uno stanziamento annuo pari a 2,9 miliardi di euro da parte del governo gli insegnanti italiani sarebbero messi nella condizione di avere lo stesso tenore di vita dei loro colleghi europei.

Grafico a cura di Silvano Di MeoGrafico a cura di Silvano Di Meo

“Se si tiene conto del potere d’acquisto, più alto in Italia perché i prezzi sono più bassi, il divario retributivo si riduce molto, fino 3.352 euro - spiega Michela Garlaschi, economista dell’Osservatorio Cpi - Infatti, lo stipendio medio lordo contrattuale annuo di un docente italiano a parità di potere d'acquisto è di 29.669 euro, mentre quello dell'Eurozona è di 33.021 euro. Occorre anche tenere conto della diversità dei Pil pro capite, per il fatto che un Paese più ricco può permettersi stipendi più alti. Ma qui ci sono delle sorprese perché negli altri Paesi gli stipendi degli insegnanti in rapporto al Pil pro-capite sono più alti che in Italia, ma il Pil pro capite dell’Italia è molto più basso di quello dell’Eurozona (meno 19,3 per cento). Lo stipendio lordo medio di un docente italiano (30.784 euro) supera il Pil pro-capite dell’Italia (30.040 euro) solo del 2,5 per cento. Nell’Eurozona invece lo stipendio medio (44.408 euro) supera il Pil pro-capite (35.850 euro) del 23,9 per cento”.

Quindi per portare lo stipendio degli insegnanti allo stesso rapporto con il Pil pro-capite che prevale negli altri Paesi bisognerebbe portare lo stipendio medio a 37.211 euro, ossia il 23,9 per cento in più del Pil pro-capite dell’Italia. L’ aumento sarebbe di 6.428 euro (più 20,9 per cento). In questo caso il costo della riforma sarebbe di 5,5 miliardi.

Insomma, da qualsiasi angolazione si affronti il problema della retribuzione degli insegnanti italiani, la conclusione, seppur con diverse sfumature, è sempre la stessa: i docenti della scuola italiana vengono pagati meno (in media) dei loro colleghi europei.

nbspGrafico a cura di Silvano Di Meo Grafico a cura di Silvano Di Meo

Dal 1980 c'è Eurydice, la rete di informazione nel settore educativo

La rete di informazione sull’istruzione in Europa Eurydice è stata istituita dalla Commissione europea e dagli Stati membri nel 1980 per incrementare la cooperazione nel settore educativo. Dal 1995 Eurydice è stata parte integrante di Socrates, il programma di azione comunitaria in materia di istruzione, dal 2007 del programma per l’apprendimento permanente Llp, dal 2014 è parte di Erasmus+, il programma europeo per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport. Anche se di emanazione comunitaria, Eurydice coinvolge nel programma Erasmus+ anche dieci Paesi extra-Ue: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Norvegia, Serbia, Svizzera e Turchia

Fonte: La Repubblica 27/03/2023 

https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/conad/2023/03/27/news/lo_stipendio_dei_pr...